La gravidanza e l'HIV
Il virus dell’HIV può essere trasmesso dalla madre infetta al feto durante la gravidanza, il parto e mediante l’allattamento al seno. Si stima che in assenza di precauzioni la probabilità di trasmissione verticale del virus sia attorno al 30%, cioè un bambino su tre generato da madre sieropositiva nasce anch'egli sieropositivo.
In gravidanza, il virus può essere trasmesso mediante il sangue che passa dalla madre al feto attraverso la placenta. La possibilità di contagio durante la gravidanza sono comunque ritenute molto basse. Più alto è invece il rischio di trasmissione del virus durante il travaglio e il parto.
Secondo i dati della SIGO, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, il parto naturale, cioè per via vaginale, può essere veicolo di contagio circa nel 15-30% dei casi. Durante il travaglio e il parto il feto può entrare in contatto con il sangue materno infetto e con le secrezioni cervico-vaginali che aiutano la fase espulsiva.
Il virus HIV è presente nel latte materno in concentrazione sufficiente a causare contagio. Inoltre, la presenza di piccole ulcerazioni nella pelle del capezzolo, molto frequenti durante l’allattamento, contribuisce ad aumentare il rischio di trasmissione del virus al neonato. Il rischio di contagio per allattamento viene stimato attorno al 10-15%.
Le oscillazioni in queste percentuali di rischio sono dovute da vari fattori, quali la carica virale della madre (quantità di virus presente nel suo organismo), le modalità del parto e la durata dell’allattamento.
Per ridurre il rischio di contagio del neonato, alla madre sieropositiva vengono generalmente consigliati il parto cesareo e l’allattamento con latte artificiale.
Il parto cesareo, se effettuato prima della rottura delle membrane e del travaglio, può abbassare la percentuale di contagio fino al 5%. Per ottenere la massima efficacia, è importante programmare il parto cesareo con anticipo, generalmente alla 38esima settimana di gestazione.
Con l’assunzione di farmaci antiretrovirali durante la gravidanza queste percentuali possono ridursi ulteriormente: la madre che si sottopone alla terapia ha una minor carica virale e di conseguenza minori possibilità di contagiare il suo bambino. Inoltre, l’uso di questi farmaci, contribuendo al ripristino del sistema immunitario, rende più sicura la madre che si sottopone a taglio cesareo, al contrario della donna immunodepressa che risulta più soggetta a complicazioni post-operatorie.
La somministrazione di farmaci antiretrovirali, il parto cesareo e l’uso del latte in polvere riducono sensibilmente il rischio di trasmissione dell’HIV dalla madre sieropositiva al figlio. Anche la profilassi post-esposizione del neonato, effettuata con farmaci appositi, contribuisce ad abbassare il rischio di contagio. Cumulativamente, queste precauzioni hanno portato la percentuale di contagio fin sotto la soglia dell’1%.